L’accoglienza targata Fumane: successo da imitare
tratto da Verona Fedele
«Se i numeri riguardanti i profughi che leggo sui giornali sono corretti, basterebbe che il 60% dei Comuni italiani facesse quello che ha fatto Fumane in questi anni per risolvere senza tante ansie o difficoltà quella che viene definita emergenza o, peggio ancora, problema per la società». Esordisce con queste parole il sindaco di Fumane, Daniele Zivelonghi, a margine di una festa organizzata dalla Caritas parrocchiale di Fumane proprio per dare rilievo all’accoglienza di richiedenti asilo nella comunità del paese della Valpolicella.
Ma cosa c’è di speciale nell’accoglienza fumanese che la rende da esempio per gli altri Comuni veronesi? È Fernando Cottini, uno dei volontari della Caritas locale, a spiegarlo. «Caritas Fumane ha iniziato nel 2016 ad accogliere un piccolo gruppo di richiedenti asilo sul proprio territorio. Una micro-accoglienza, in una casa generosamente concessa a titolo gratuito da un cittadino, che è stata possibile grazie alla collaborazione del Samaritano di Caritas Verona e alla cooperativa Filo Continuo di Pescantina. Quattro giovani hanno potuto così integrarsi sul territorio, trovare un lavoro, avere impatto zero sulla cittadinanza locale che nemmeno si è accorta della loro presenza, anzi, è stato più facile anche creare amicizie e legami».
Sicuramente un esempio virtuoso, ma che a Verona conta altre decine di esperienze simili…
«Vero, però nel 2020 quello che era un Centro di accoglienza straordinaria di Caritas Verona e Caritas locale si è trasformato in uno Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che oggi si chiama Rete Sai, e che vede il coinvolgimento diretto del Comune di Fumane, oltre che tutti i partner citati in precedenza. Questo ha permesso di accogliere più persone, oggi sono dodici posti in due diverse abitazioni, di avere una rete di professionisti maggiore intorno ad essi e di aiutarli ancora di più ad integrarsi nel tessuto lavorativo e sociale della zona. Con questa mossa nel Comune di Fumane non possono essere aperti centri di accoglienza con numeri immensi e ingestibili, gli arrivi di profughi sono contingentati alla disponibilità del Sai, c’è una vasta rete di professionisti che li seguono, anche in quella che è l’integrazione sul territorio. Non a caso degli undici accolti attualmente nel Sai, quasi tutti hanno contratti di lavoro in zona».
E quando finisce l’accoglienza?
«Qui è intervenuta la nostra Caritas. Abbiamo trovato una abitazione in affitto in centro paese per cinque ragazzi che, finito il tempo di accoglienza con Il Samaritano, avevano un buon contratto di lavoro a Fumane ed era difficile per loro andarsene altrove. Poi, in collaborazione con l’associazione Sos Casa, abbiamo anche comprato una seconda abitazione per altri ragazzi ampiamente inseriti nella comunità. Tanto che oggi tra gli accolti nel Sai e quelli che ne usciti e che vivono integrati sul territorio, siamo ormai a venti giovani accolti. Molti altri sono passati da Fumane dal 2016 a oggi e poi hanno trovato casa e lavoro in altri paesi della provincia».
La festa organizzata a Fumane sabato scorso ha visto la partecipazione di circa 150 persone che hanno potuto degustare cibi tipici del Bangladesh, del Pakistan e del Senegal, cucinati dai ragazzi accolti. Inoltre, grazie alla collaborazione del Circolo Noi Tuttinsieme e della Caritas locale si sono susseguiti momenti di gioco con il Ludobus della coop. Hermete e il Circobus dell’associazione Ludica Circo e momenti di musica con il Drum Circle della maestra Greta Aliprandi. «Una festa di comunità – sottolineano Gianni Tomelleri, referente del progetto richiedenti asilo e rifugiati di Caritas Verona, e mons. Gino Zampieri, direttore di Caritas Verona – che è la sintesi perfetta di quello che si prefigge la Rete Sai. Accoglienza, ma anche integrazione e animazione di comunità. Come Caritas diocesana veronese siamo davvero soddisfatti che ci siano simili esempi di accoglienza sul nostro territorio».
Conclude il sindaco Zivelonghi: «Il prossimo passo è quello di organizzare una cena con tutti i sindaci della Valpolicella per spiegare tutto ciò che c’è di buono intorno al Sistema Sai. Io ho avuto la fortuna di ereditarlo dall’amministrazione comunale precedente al mio mandato e devo ammettere che non ci può essere un modello di accoglienza migliore».
Francesco Oliboni